Itinerari
DOLOMITI LUCANE
Situate nell'Appennino lucano, ad est della più imponente dorsale Pierfaone-Volturino-Viggiano, le Piccole Dolomiti lucane costituiscono il cuore dell'omonimo Parco naturale regionale (che si estende alle foreste di Gallipoli-Cognato). Sono denominate Dolomiti a ragione della somiglianza morfologica con le più famose montagne trivenete.
La nascita del gruppo montuoso, che domina la parte centrale della val Basento, risale a 15 milioni di anni fa.
Formate da cime scoscese modellate dall'azione millenaria degli agenti atmosferici, presentano guglie acuminate con un’altitudine media che si aggira intorno ai 1.000, 1.100 m s.l.m.
Il punto più alto è quello della Costa di S. Martino, denominata Piccole Dolomiti, a ragione della somiglianza con le più famose Pale venete e trentine.
Altre cime rilevanti sono l'Incudine, la Grande Madre e l’Aquila Reale. Da menzionare, inoltre, i picchi delle Murge di Castelmezzano e quelli del monte Carrozze.
CASTELMEZZANO
Le origini di Castelmezzano sono datate circa tra il VI ed il V secolo a.C., quando dei coloni greci penetrarono nella valle del Basento e fondarono un centro abitato chiamato Maudoro, cioè mondo d'oro. Nel X secolo d.C., le invasioni saracene costrinsero la popolazione locale a trovare una nuova stabilizzazione. Si narra che, durante l'esodo, un pastore chiamato Paolino scoprì un luogo adatto per trasferirsi, formato da rocce ripide dalle cui cime si potevano respingere gli invasori facendo rotolare massi di pietra.
Dopo l'occupazione longobarda, vi si insediarono i Normanni tra il XI ed il XIII secolo d.C. e vi costruirono un castello (di cui sono ancora visibili i resti delle mura e la gradinata scavata nella roccia che consentiva l’accesso al punto di vedetta più alto). Fu proprio dal nome del castello (Castrum Medianum, castello di mezzo) che ne derivò quello della cittadina, denominato così per via della sua posizione tra quelli di Pietrapertosa e di Brindisi Montagna. Con i Normanni, Castelmezzano visse un periodo di pace e di sviluppo, con gli Angioini conobbe un forte declino. Nel 1310, il comune venne affidato alla Diocesi di Potenza e nel 1324 a quella di Acerenza.
Con l'arrivo degli Aragonesi, tra il XIV ed il XVI secolo, numerosi proprietari terrieri ricevettero come feudo Castelmezzano, sebbene le condizioni economiche e sociali rimasero perlopiù invariate. Solamente con la nomina del barone Giovanni Antonio De Leonardis (la cui famiglia governò la cittadina dal 1580 al 1686), ci fu un certo sviluppo. Successivamente, passò per via nuziale ai De Lerma, ai quali rimase fino al 1805, epoca in cui il feudalesimo era in estinzione nel sud Italia.
Nel XIX secolo, Castelmezzano fu toccata dal fenomeno del brigantaggio. Grazie proprio alla sua collocazione territoriale costituita da nascondigli naturali tra le rocce e vegetazioni rigogliose, fu un rifugio ideale per numerosi briganti. Alla fine del secolo, il comune subì un forte fenomeno migratorio, che spinse numerose famiglie a trasferirsi oltreoceano.
PIETRAPERTOSA
L'antico nome della città, ovvero "Pietraperciata" (che significa pietra forata) era stato dato per via della presenza del foro in una grande rupe, visibile dalla città. La costruzione della città è incerta, le teorie più accreditate danno nell’VIII secolo a.C. la sua fondazione ad opera dei Pelasgi, mentre stavano attraversando l'Italia meridionale. I Pelasgi costruirono le loro dimore nella parte bassa, per proteggersi da eventuali attacchi nemici e innalzarono fortificazioni sulle rocce.
Ai Pelasgi si sostituirono i Greci, giunti dalla costa ionica, i quali si spinsero verso l’interno portando le loro merci e i loro manufatti. Tracce della presenza ellenica sono testimoniate dalla forma ad anfiteatro di Pietrapertosa e nel nome di alcune località come "La costa di Diana". Successivamente si stanziarono i Romani, che resero Pietrapertosa il loro Oppidum e costruirono una fortezza, ove attualmente si erige la chiesa di S. Francesco.
Durante le invasioni barbariche, fu occupata dai Goti e poi dai Longobardi, che inclusero Pietrapertosa nel gastaldato di Acerenza. Passò in seguito sotto la dominazione bizantina da parte del signore saraceno Bomar. Fu proprio sotto la dominanza dei Saraceni che Pietrapertosa vide la costruzione delle sue parti più caratteristiche. La discesa Normanna-Sveva, vide il paese diventare uno dei più importanti centri strategici della Lucania data la sua posizione dominante della collina sottostante, partecipò alla rivolta ghibellina contro il Papa nel 1268.
Durante l'epoca angioina, divenne feudo di Guglielmo Tournespè nel 1269, per poi passare sotto altri feudatari come Pietro de Burbura (1278) e Giovanni Borbone (1280). Con l'arrivo degli aragonesi, Pietrapertosa divenne possedimento dei Gozzuti, dei Grappini e dei Diazcarlon, conti di Alife. Nel XVI secolo, passò ai Carafa, agli Aprano, ai Campolongo, ai De Leonardis, ai Suardi, ai Iubero ed infine ai Sifola di Trani.
Nel giugno del 1647, il popolo pietrapertosano partecipò alla rivolta contro le gabelle imposte dai signori la quale, però, fu duramente repressa. Per sfuggire alle pene, i più poveri furono costretti ad allontanarsi dal proprio paese e, chi scappava senza versare le tasse, veniva dichiarato bandito. I fuggitivi furono così forzati a darsi alla macchia, compiendo depredazioni. Anche molti monaci di campagna, che collaboravano con i banditi, dovettero abbandonare il centro cittadino. Tra questi banditi è da menzionare Scalandrone, un contadino di Pietrapertosa, che operava nella valle del Basento.
Nell’ottocento, durante la dominazione francese di Gioacchino Murat, Pietrapertosa fu centro liberale governata da un consiglio comunale, un decurionato, un sindaco e una guardia urbana per l'ordine pubblico, tutti eletti dal sovrano. In seguito partecipò ai moti antiborbonici del 1820 e del 1848. Nel 1860, alcuni pietrapertosani si unirono alla spedizione dei mille e, qualche anno dopo, la città fu coinvolta nel brigantaggio
Agli inizi del novecento, Pietrapertosa fu spopolata per via della malaria e dell’emigrazione verso le Americhe. Oggi Pietrapertosa conta poco più di 1300 abitanti e, grazie al suo paesaggio naturale e incontaminato, sta conoscendo una lenta ma progressiva crescita.